martedì 25 ottobre 2016

Ha ancora senso investire in Social Network diversi da Facebook?

Fonte articolo: http://www.webinfermento.it/ha-ancora-senso-investire-in-social-network-diversi-da-facebook/

Il post di oggi nasce da una riflessione personale che tiene conto di come si muove il mercato del digital, di come determinati cambiamenti impattino sugli utenti e di come il concetto di “libero mercato” nel digital si sia in realtà trasformato ben presto in un oligopolio fatto da pochi giganti che falliscono copiando successi altrui, ma che riescono anche a guadagnare grosse quote di mercato togliendole ai “piccoli”.
Portare l’innovazione nel digital è sempre più difficile e la capacità di fare innovazione è sempre meno proporzionale al tempo di adozione da parte del pubblico. In parole povere, più tempo trascorre, più è difficile inventarsi qualcosa di nuovo, qualcosa che non esiste già.
Un mercato frammentario come quello in cui viviamo, dove un nuovo media (social o digital) sia in grado di innovare e strappare utenti ad un competitor, è spesso destinato ad essere acquisito o, in alternativa, ad essere copiato.
La storia degli ultimi anni lo insegna. Quanto ancora resisterà YouTube ai video di Facebook? Quanto resisterà Snapchat? Aziende innovative come Instagram o Whatsapp hanno ceduto all’acquisizione, altre, come Foursquare, non sono state in grado di costruire modelli di business vincenti.
Altri ancora, Twitter, stanno lentamente cadendo nel dimenticatoio. Google+ ha segnato definitivamente l’incapacità di Google di lasciare il segno nel mondo social.
La domanda quindi sorge spontanea: come aziende e utenti, ha ancora senso presidiare altri social network, oltre a Facebook (senza contare Instagram o Whatsapp che sono sempre di proprietà di quest ultimo)?
Viviamo in un’era in cui Facebook sta cercando di trasformare nella sua casa, l’intero ecosistema di navigazione online dell’utente.
Si sta pian piano appropriandosi dei nostri processi di navigazione online fornendoci in un’unica finestra tutto ciò di cui abbiamo bisogno: socializzazione, informazione (più della metà degli americani ormai si informa da Facebook), gaming, ecommerce, realtà virtuale (Oculus), bot, e ci prova con la ricerca, sebbene quel mondo veda ancora Google come re incontrastato.
Gli altri social invece perdono terreno ed efficacia nelle azioni di marketing.
Twitter, non riuscendo a vendersi, sta procedendo verso un nuovo taglio della forza lavoro.
Concludendo, ormai fare Social Media Marketing è sempre più sinonimo di fare Facebook Marketing, un po’ come, quando si parla di SEO si pensa soltanto a Google, tralasciando gli altri motori di ricerca che, salvo in pochissimi Paesi (Baidu per la Cina e Yandex in Russia), hanno quote di mercato risicate.
Alcuni social sono adatti a nicchie prettamente specifiche, come Pinterest che può avere un senso per particolari shop online nei settori legati al beauty o LinkedIn che può essere un valido supporto al B2B, ma c’è comunque da dire che spesso il miglior ritorno dell’investimento, anche in questi settori (pensiamo alle campagne di Adv), continua a darlo Facebook, perché in un modo o nell’altro, nell’ecosistema che sta costruendo Facebook, ci siamo tutti, utenti ed aziende.
Facebook non sta soltanto costruendo un ecosistema ma sta ritagliandosi un posto d’onore anche nel futuro del digitale, costruendo le basi per lo sviluppo del marketing online che verrà.

Rifare il sito web aziendale: quando e perché?

Fonte articolo: http://comunicaresulweb.com/web-usability-2/rifare-sito-web-aziendale/

Quando e perché una società dovrebbe rifare il sito web aziendale? Beh, le casistiche che possono presentarsi sono parecchie. Per prima cosa, vale la pena di approfondire quali sono i sintomi che fanno pensare alla necessità del rifacimento di un sito istituzionale.
Insomma: quand’è che dobbiamo allarmarci? Quand’è che suona l’allarme rosso, cioè il segnale inequivocabile che il sito del nostro business è da rifare? La risposta a queste domande non è difficile. In effetti, se abbiamo un sito che non produce contatti commerciali, che mostra un crollo nelle visite o una frequenza di rimbalzo che s’impenna sempre più, è chiaro che qualcosa non va. È probabilmente ora di un restyling del nostro sito web.
Andiamo dunque ad analizzare i motivi per cui un sito web aziendale è da rifare. Quali sono alcuni dei segnali inequivocabili che ci devono spingere a riflettere? Quali sono i sintomi che indicano che è ora di un rifacimento del sito?

  1. Il tuo sito web si naviga a fatica

    Se i potenziali clienti ti dicono che il tuo sito web aziendale si naviga a stento, significa che il sito non è usabile, cioè che è stato creato senza tener conto delle norme della web usability. Per prima cosa, ringrazia chi ti ha avvisato di queste difficoltà, perché ti ha fatto un grande favore. In effetti, di solito, i visitatori di un sito non perdono tempo ad avvertire il webmaster o il proprietario delle eventuali difficoltà di navigazione. Fanno una cosa più semplice: vanno direttamente a fare acquisti sui siti (usabili) dei concorrenti…
    La web usability è una disciplina che non ti puoi permettere di sottovalutare. Perché se hai un sito aziendale che non è usabile, i tuoi potenziali clienti non riusciranno a trovare i tuoi prodotti e servizi, non potranno valutare le tue offerte, non potranno contattarti con semplicità ecc. Capisci anche tu che un sito così è da rifare il prima possibile, perché è un ostacolo allo sviluppo del tuo business.
  2. L’aspetto del tuo sito non è professionale

    Scommetto che sai riconoscere al volo un sito web dall’aspetto professionale. Di certo, ti ispirerà più fiducia di un sito dall’aspetto artigianale.
    La differenza tra i due progetti online sta per esempio nel layout, nella grafica, nei colori. Ecco, hai la necessità di rifare il sito web aziendale se esso ha un aspetto decisamente naïf, cioè se sembra fatto da un dilettante o da chi ha voluto risparmiare sul budget. Purtroppo, anche online, spesso l’abito fa il monaco.
  3. Il tuo sito non è fatto per generare lead

    Sai che cos’è la lead generation? In pratica, è quell’insieme di strategie, tattiche e tecniche che permettono a un’azienda di generare un flusso di potenziali clienti in target verso la propria divisione vendite.
    Se il tuo è solo un banale sito vetrina, non è possibile che generi contatti commerciali, se non sporadicamente e per puro caso. Devi quindi provvedere al rifacimento del sito, per renderlo a tutti gli effetti uno strumento per la generazione di lead “caldi”.
  4. I testi del sito non sono persuasivi

    No, non si tratta di prendere il controllo della mente dei potenziali clienti, adoperando qualche strana tecnica di PNL. Si tratta semplicemente di usare le parole giuste per valorizzare la tua differenza rispetto ai concorrenti. E si tratta di presentare come si deve il valore delle tue offerte.
    Il tuo sito aziendale è da rifare se i tuoi testi online falliscono questo obiettivo. Devi cioè intervenire se i tuoi testi sono così piatti, anonimi e soporiferi che non convincerebbero a contattarti nemmeno un cliente già pronto all’acquisto. Tieni infatti presente che il copywriting influisce sul fatturato generato dal tuo sito web aziendale.
  5. I testi del tuo sito sono scritti in marketese e in aziendalese

    Che cos’è il marketese? È un linguaggio pieno di iperboli, un linguaggio che mira a descrivere la tua azienda e i suoi prodotti come il rimedio a tutti i mali del mondo. Che cos’è invece l’aziendalese? È Il linguaggio tecnico che usi in azienda, e di cui il mondo esterno non sa alcunché. Ecco, il tuo sito web aziendale è da rifare se usi in esso questi due linguaggi. Perché in tal caso la tua comunicazione è totalmente inefficace. Non ci credi? Allora fermati un attimo a pensare: quale autorevolezza potrebbe mai avere una società che se le canta e se le suona? Allo stesso modo, che autorevolezza potrebbe mai avere un’azienda che parla un linguaggio incomprensibile ai potenziali clienti? Se vuoi vendere di più, nel tuo sito, nel tuo blog aziendale e nel tuo e-commerce devi parlare la lingua dei tuoi clienti. Se non l’hai fatto, devi rifare il tuo sito web aziendale. Lo ripeto perché è troppo importante: il copywriting influisce sul fatturato generato dal tuo sito aziendale.
  6. Il tuo sito non è ottimizzato in chiave SEO

    Sai che cos’è la search engine optimization? In estrema sintesi, la SEO è quella disciplina che ti permette di intercettare i tuoi potenziali clienti, mentre stanno cercando prodotti o servizi come i tuoi sui motori di ricerca. La SEO è cioè quell’insieme di tecniche e tattiche che ti consentono di portare sul tuo sito aziendale traffico in target. Se non fai SEO sul tuo sito, devi correre subito ai ripari. Il tuo sito è chiaramente da rifare: devi farlo diventare SEO-friendly.
  7. Il tuo sito web non è mobile-friendly

    Da tempo, anche in Italia, la navigazione attraverso i dispositivi mobili ha superato in numero di sessioni la navigazione dai dispositivi desktop. In altre parole: si naviga di più da smartphone e da tablet che da pc. Questo significa che, se il tuo sito web aziendale non è mobile-friendly, hai un grave problema. Perché, come spiegato al primo punto di questo elenco, i potenziali clienti che navigano il tuo sito da mobile non lo troveranno usabile. E questo è un buon motivo per decidere di rifarlo. Un restyling del sito in chiave SEO ti porterà sicuramente ad aumentare il ROI delle tue attività online.

Ecco, questi sono sette casi in cui rifare il sito web aziendale è prioritario. Non sono però gli unici casi possibili. Tu ne conosci altri? Hai fatto un restyling del tuo sito per altri motivi? Se sì, condividi la tua esperienza lasciando un commento qui sotto!

lunedì 24 ottobre 2016

Come aprire un blog professionale: 5 pilastri indispensabili

Fonte articolo: http://www.mysocialweb.it/2016/10/17/aprire-un-blog-professionale/

Ieri ho parlato con una ragazza che mi ha chiesto informazioni su come aprire un blog professionale. Anzi, mi ha mostrato interesse sulla possibilità di seguire un corso di blogging partendo dal presupposto che vuole farsi conoscere grazie al social web. Un buon punto di partenza, non credi?
Come aprire un blog professionale
La persona in questione sta muovendo i primi passi in questo mondo. Però le idee sono chiare: “Tutti mi hanno detto che è necessario lavorare con i social, di aprire un blog professionale per mettere online le mie esperienze”. Ed ecco la soluzione: inbound marketing, fatti trovare dalle persone giuste.
Questo termine significa tutto per chi lavora nel settore, e niente per chi non ha mai affrontato questo percorso. Il concetto è chiaro: la pubblicità tradizionale invade i contenuti, quindi è fastidiosa. L’inbound marketing, invece, ragiona in modo differente e ti guida verso la creazione dei contenuti utili.
Contenuti che intercettano il pubblico e lo portano sul tuo sito. Qui ci sono i contatti e le occasioni per trasformare il visitatore in cliente. Chiaro, vero? Come si mette in pratica tutto questo? Ci sono mille sfumature e dettagli da ottimizzare, chiaro, ma quali sono i pilastri per aprire un blog professionale?

La prima regola: dominio e hosting

La chiacchierata con la mia amica è iniziata con una definizione del concetto di inbound marketing. Poi si è diretta subito su questo punto: niente blog gratis, devi comprare dominio e hosting per iniziare un progetto serio. Indipendente. Capace di adattarsi alle necessità di una strategia completa.
Ottimizzazione SEO, web design, usabilità, branding: in un blog c’è tutto questo e altro ancora. Per chiedere il massimo hai bisogno di un struttura indipendente, capace di superare le difficoltà con una stringa di codice o un plugin WordPress. I servizi che ti permettono di aprire un blog gratis sono interessanti, facili da usare, ma hanno un problema: hanno una proprietà che ti impedisce di piegare le pagine web ai tuoi bisogni. Questo non è il massimo se vuoi aprire un blog professionale, quindi la prima regola è questa: compra un dominio, acquista un hosting.

Produrre contenuti utili

Ok, fermo. So cosa stai pensando: adesso inizia la solita storia dedicata ai contenuti di qualità. Un concetto chiaro a chi lavora ogni giorno del mondo del web writing, o almeno così dovrebbe essere. Ma poi? Chi si avvicina al mondo della scrittura online spesso riprende nozioni legate al mondo scolastico.
Un po’ come ho fatto io quando ho scritto il mio primo articolo. Allora inizia la solita processione di attenzioni in termini SEO copywriting: devi usare gli strumenti e le ricerche per capire cosa vogliono le persone, quali sono gli interessi che i potenziali clienti esprimono su Google. Ma anche nei forum.
Questa è uno dei passaggi chiave del piano editoriale. Esistono contenuti differenti per scopi diversi. Gli articoli possono essere destinati alle ricerche informazionali, che puntano alla conoscenza di un argomento. Le landing page, invece, rispondono a un’esigenza di transazione e impongono un’azione.
Ovvero un fare qualcosa, acquistare un prodotto o mandare un’email per ricevere un preventivo. Come unire questi punti, come portare traffico sulle landing page? Banner nella barra laterale, link interni, call to action finali. Insomma, collegamenti che aiutino a completare il lavoro. Come suggerisce il Tagliablog: “il trucco è quello di iniettare nel contenuto informazionale un po’ di elementi transazionali”.

Creare community sui social

Facile cadere nell’errore e ignorare il potenziale di un bene infinito per il tuo blog: la community. Non è importante avere un alto numero di Mi Piace sulla pagina Facebook o di follower si Twitter. Il punto che ho specificato alla mia amica: per aprire un blog di successo hai bisogno di un pubblico attivo.
Questo è il passaggio che ho affrontato su Etno Blogging: il modo migliore per farti notare sui social è il contributo nei commenti. Devi essere utile, devi fare in modo che il tuo nome sia sinonimo di autorevolezza e qualità. Non usare i social solo per pubblicare link ma anche e soprattutto per contribuite alla crescita e al supporto della community. Così puoi attirare persone reali sui tuoi canali.
Soprattutto, perché non usare i social per raccontare una storia? La tua storia, la tua visione del mondo? La strada dello storytelling è vincente: usa il visual, le immagini, per raccontare tutto quello che fai. Ma organizza le pubblicazioni secondo un progetto, un’idea, un punto di vista unico.

Misura i risultati

Quali sono le regole per creare un blog professionale? Inizia con una piattaforma di proprietà, lavora sui contenuti, crea una community attraverso i social. E poi? Basta questo? No, devi misurare i risultati. E abbandonare i miti dei numeri senza significato. Tutti all’inizio vogliono aumentare le visite.
Ma serve a poco se questi click non diventano clienti. Quando inizi il tuo percorso nel mondo del blogging sono le vanity metric a catturare l’attenzione. Questo vale anche nel mondo dei social network: come ottenere Mi Piace sulla pagina Facebook, come aumentare i follower su Twitter.
Come aprire un blog professionale
Le preoccupazioni ruotano intorno a questi temi. Ma tu vuoi aprire un blog professionale, lo vuoi piegare ai tuoi bisogni. Per fare questo non basta osservare numeri sterili.
Devi misurare i risultati e fare in modo che il tuo blog porti dei risultati. Inutile aumentare le visite se tra questi numeri mancano le conversioni, le persone che si trasformano in potenziali clienti. I famosi lead. Per fare questo hai bisogno di un approccio consapevole al mondo di Google Analytics.

Devi fare formazione

Per un progetto impegnativo hai bisogno di figure specializzate. Ma per un blog personale basta puntare a un concetto semplice: formazione. Proprio così, questo è il fil rouge che tocca tutti i punti elencati fino a questo momento e guadagna lo status di quinto pilastro per aprire un blog professionale.
Non puoi sapere tutto, lavori in un settore e vuoi condividere le tue conoscenze. Lo vuoi fare per avere qualche possibilità in più e trovare nuovi clienti online. Mi sembra giusto, ma per ottenere buoni risultati non basta acquistare hosting e dominio: devi investire tempo e risorse. Devi studiare buoni libri, seguire webinar e interventi, chiedere consiglio a esperti del settore.
Curare le fonti e aggiungere Feed Rss nel proprio reader già è un buon punto di partenza per approfondire e creare una base di partenza. Ma non basta. Se vuoi sfruttare la forza del blogging devi fare formazione. E la devi fare subito, ora. Non devi aspettare il momento giusto. Questo è il momento.

Vuoi aprire un blog professionale

Non è facile aprire un blog professionale, lo so. Vuoi il massimo per il tuo lavoro e per costruirti nuove occasioni. Dall’esterno tutto sembra facile, poi quando inizi a scrivere capisci che si nasconde un mondo. Non è impossibile ottenere buoni risultati, anzi, ma non devi avere fretta: devi crescere con costanza. Sei d’accordo? Qual è la tua esperienza? Lasciala nei commenti.

Infiniti font, infinite emozioni

Quale font scegliere per comunicare in maniera corretta il tuo messaggio




significato font nel web design
Differenti tipi di font che trasmettono diverse emozioni
Comunicare è fondamentale.
Il filosofo Watzlawick, infatti, ci ricorda che non si può non comunicare.
Riuscire a trasmettere i nostri pensieri, idee e conoscenze però non sempre risulta essere la cosa più semplice da fare. Importante diventa quindi riuscire a trasmettere il giusto messaggio e non creare fraintendimenti.
Nel mondo del web, dove la comunicazione è principalmente visiva, il rischio di far passare il messaggio sbagliato può essere ancora più elevato. Secondo uno studio di Lexmark esiste una relazione diretta tra contesto e font utilizzato, così stretta che molto spesso utilizzando un font inadeguato, viene percepito un messaggio errato.
Per fare colpo e attirare l’attenzione dei lettori e, magari, potenziali clienti bisogna essere in grado di sfruttare ogni mezzo a nostra disposizione, compreso l’utilizzo del font corretto. Il font infatti trasmette diversi significati e per questo bisogna scegliere quello giusto.
Per ogni tipo di font abbiamo quindi una percezione diversa da parte del lettore. La nostra scelta dipenderà dacosa vogliamo comunicare, dalla tipologia di pubblico che vogliamo attrarre e, sopratutto, dalle emozioni che vogliamo trasmettere.
Le emozioni creano personalità, la quale a sua volta valorizza il font rispetto a un semplice testo scritto senza alcuna forma e senza creatività.

Vediamo ora che significati trasmettono, a chi sta leggendo il nostro messaggio, questi diversi tipi di font


Infiniti font, Infinite emozioni
Infiniti font, Infinite emozioni

SERIF
Se un graphic designer ti dice grazie, non rispondere prego -cit.
Si intendono Serif tutti quei font con grazie. Sono caratteri che possiedono alle estremità degli allungamenti ortogonali, chiamati grazie. Queste linee rendono le lettere ben bilanciate tra loro e facilitano il passaggio da una lettera all’altra, semplificando così la lettura. Questi tipi di caratteri trasmettono un senso di affidabilità e rispetto. Permettono di instaurare un rapporto di fiducia con chi legge. L’utente si sentirà, così, in mani sicure, di qualcuno stabile e rispettabile. A volte però, in certi casi e contesti, potrebbe essere percepito come uno stile old school.
SANS SERIF
Per Sans Serif invece fanno riferimento tutti quei caratteri senza grazie. Quindi senza allungamenti alle estremità del carattere stesso. I lettori percepiranno il messaggio in maniera chiara e semplice. Infatti questi tipi di caratteri trasmettono semplicità e calma. Il messaggio passerà in  maniera diretta e immediata senza destare confusione al lettore. In sostanza chi scrive non ha nulla da nascondere.
SCRIPT
I Script Font, facenti parte dei cosiddetti handwritten font, ispirano invece un senso di eleganza e cordialità. Sono caratteri dai lineamenti morbidi e di classe. Sono stili femminili spesso utilizzati per messaggi d’affetto. I lettori percepiranno un senso di creatività e genuinità e per questo passerà un messaggio sincero e personale.
DISPLAY
I Display Font sono invece quei caratteri che danno un senso di grande personalità e sono in grado di attirare facilmente l’attenzione del pubblico. Solitamente è un font che viene disegnato e utilizzato per essere divertenti e amichevoli, richiamando così la curiosità delle persone. Se non utilizzato nelle maniera corretta e nel giusto ambito potrebbe però far passare chi scrive come una persona poco seria e buffa.
I diversi significati dei font
I diversi significati dei font
MODERN
Questo tipo di font viene percepito dal pubblico come un carattere trendy e lungimirante. I lettori lo trovano cool e alla moda, con stile futuristico e intelligente. Chi utilizza questo tipo di font dà la percezione di essere una persona al passo coi tempi o, addirittura, sempre un passo davanti agli altri. Rappresenta comunque uno stile molto tecnico, quasi da film scientifico.
DECORATIVE
Decorative Font sono di alto livello e fuori dal normale. Si prende gioco del lettore e diverte il pubblico attraverso un’atmosfera informale. Sono infatti caratteri divertenti e unici nel loro genere. Esistono diversi tipi di Decorative Font e andrebbero analizzati uno ad uno, in quanto possono trasmettere differenti emozioni. 

Altri fattori che determinano le emozioni trasmesse dai font

Oltre a queste emozioni i font ne possono trasmettere altre che però, non derivano dalla forma e dalle linee delle lettere, bensì dipendono da altre circostanze.

Familiarità dei font dà fiducia a chi legge

I font più usati infatti, risultano al lettore più familiari e di conseguenza creano un senso di fiducia nei suoi confronti. In questo modo sarà più facile convincere il lettore che quanto stai affermando sia veritiero.
Questo spiega perché, sebbene esistano migliaia e migliaia di font, molto spesso i designer ricadono in quelli più classici e utilizzati come Helvetica e Impact. Allontanarsi troppo dalla normalità può provocare anche l’allontanamento del proprio pubblico.
Lo stesso vale per la continuità nell’usare lo stesso font all’interno della stessa comunicazione. Cambiare font da un giorno all’altro può creare un forte disagio e senso di abbandono verso l’utente, che non sarà più in grado di riconoscere l’identità di chi scrive.

I font non solo si vedono, si “mangiano” e si “fiutano”


Che gusto ha il tuo font?
Che gusto ha il tuo font?
Come ha spiegato la designer Sarah Hyndman al TEDx Bedford nel 2014, ad ogni tipo di font viene associato un specifico gusto e sapore.
Proprio così.
Le parole non solo si leggono con gli occhi, ma si “mangiano“ e  si “fiutano”. I lettori utilizzano infatti i tre sensi, vista, udito e gusto, per comprendere quanto scritto in un testo.

Conclusione

Per comunicare non basta quindi utilizzare le giuste parole, ma bisogna anche far rievocare al pubblico diverse emozioni. Ad oggi quindi la leggibilità delle parole va a pari passo con quanto queste riescano a comunicare e trasmettere.
Scegliere il font giusto diventa quindi una fase molto importante per tutti coloro che vogliono instaurare delle relazioni emotive con chi legge, senza creare fraintendimenti.
Quindi prima di scegliere un determinato font, chiediti come viene percepito dalle persone, che gusto ha e che profuma porta.

venerdì 21 ottobre 2016

Quando SEO e Inbound Marketing lavorano insieme

Fonte articolo: https://www.studiosamo.it/inbound-marketing/seo-inbound-marketing/

Ecco un argomento decisivo per chiarire il concetto di inbound marketing. Molti vedono questa logica come un mondo a parte, un insieme di strumenti che hanno un unico scopo: pubblicare contenuti. E magari condividerli sui social, sulla pagina Facebook o su Twitter. In realtà c’è una forte sinergia tra la creazione dei post e altre materie del web marketing.
Fare inbound marketing non vuol dire ignorare qualsiasi legame con la pubblicità tradizionale, i legami con l’outbound marketing non devono essere tranciati. Al tempo stesso AdWords e Facebook ADS sono fedeli alleati di chi vuole farsi trovare nel momento giusto, e dalle persone che hanno bisogno di un contenuto.
Inbound Marketing Vs Outbound Marketing, qual è la differenza? Nell’attitudine, nel modo in cui vengono utilizzati determinati strumenti. Ti faccio un esempio: lo spot pubblicitario in TV, caso concreto di interruzione del contenuto, può diventare storytelling. Può essere la storia che le persone cercano. Ed è già stato così grazie a Carosello.
SEO e Inbound Marketing
Il discorso si può ampliare ai banner di un sito web, ai video, alle condivisioni su Facebook e all’attività di comment marketing. Tutto può diventare interruzione o distribuzione, dipende dalla logica che si nasconde alla base. D’altro canto devi essere in grado non solo di preparare contenuti, anche di ottimizzarli per i motori di ricerca. Qui entra in gioco la SEO.

La SEO al servizio dei contenuti

Il rapporto tra SEO e Inbound Marketing è chiaro fin dai primi passi del funnel che puoi ammirare in alto: ci sono degli sconosciuti che potrebbero diventare clienti, e devi portare queste visite verso il sito web. Come fare? Il blog, spesso, è il perno di questa strategia perché ti consente di creare contenuti per intercettare i contatti virtuosi.
Questi contenuti possono essere spinti in altro modo. Puoi aprire una pagina Facebook per condividere i post con chi decide di diventare fan, e lo stesso vale per Twitter o Pinterest. Chiaro, devi creare un piano editoriale per questi strumenti e organizzare tutte le attività. Comprese quelle che rientrano nell’argomento social media marketing.
Puoi distribuire i contenuti in altri modi, invitando il pubblico a iscriversi al Feed Rss o alla newsletter, ma niente può sostituire la forza dei motori di ricerca. Attraverso Google le persone cercano informazioni di diverso tipo. Tu devi esserci ma non basta pubblicare, devi fare in modo che le persone trovino gli articoli e le pagine giuste.

Ricerche informazionali e transazionali

Questo è un aspetto decisivo per capire il rapporto tra SEO e inbound marketing. Le persone digitano delle richieste su Google ma le query non sono tutte uguali, ci sono degli obiettivi differenti. Tre sono le categorie di ricerca per gestire le esigenze del pubblico:
  • Informazionali – Query che includono la ricerca di un’informazione specifica (come aprire un blog).
  • Navigazionali – Ricerche che comprendono il nome del sito web (corso di blogging studiosamo).
  • Transazionali – L’individuo cerca una risorsa per effettuare un’operazione (comprare corso di blogging).
Il ruolo della SEO in una strategia di inbound marketing è in questa lista: capire quali sono le ricerche degli utenti, comprendere il contesto nel quale agire, creare contenuti per ogni esigenza, fare in modo che vincano il confronto con i competitor. Sai qual è la notizia interessante? La maggior parte delle ricerche sul web sono di tipo informazionale.
seo
Questa ricerca citata da Search Metrics è chiara: parliamo dell’80% di ricerche informazionali rispetto a un 20% diviso da navigazionali e transazionali. Certo, quest’ultime sono quelle che ti permettono di monetizzare e di vendere un prodotto o un servizio. Ora però è tempo di trovare una soluzione per ottenere un buon posizionamento in entrambi i casi.

SEO e buoni contenuti: ecco la risposta

La strada da seguire è quella mostrata nel grafico che ho preso in presti dal gruppo Da Zero a SEO. Da un lato ci sono le pagine web ottimizzate per le keyword commerciali, quelle che hanno un intento transazionale per ottenere un determinato bene o servizio. Dall’altro ci sono le ricerche informazionali: non sono legate all’acquisto e che hanno bisogno di altre risposte.
keyword
Le landing page o le schede dell’e-commerce possono soddisfare le prime esigenze, gli articoli del blog sono perfetti per il secondo obiettivo. Ecco perché l’analisi SEO non può mancare: deve – tra le altre cose – far combaciare questi aspetti ed evitare che il blog divori il posizionamento delle pagine di atterraggio. L’obiettivo finale è sempre lo stesso: aumentare le conversioni.
Per fare questo hai bisogno di uno schema capace di raggiungere lo scopo attraverso più strade. Poi tutto cambia in base alla situazione: ci sono aziende che vivono grazie al posizionamento del blog, altre che puntano solo su landing page e advertising, altre che trovano equilibrio con una buona attività di email marketing: prima di prendere una decisione devi sempre studiare il campo.

Inbound Marketing e SEO: vuoi approfondire?

Fare inbound marketing senza la SEO? Una follia, tutto questo è un unico flusso per ottenere il risultato sperato. Ovvero farti trovare, senza interrompere le esigenze di chi vuoi raggiungere. L’insieme fa la strategia, non la singola attività. Non puoi fare la differenza improvvisando: alla base di tutto c’è sempre un’analisi strategica.
Inbound Marketing è la base di partenza. La logica che guida le tue azioni. Poi ci sono vari strumenti – video marketing, visual storytelling, influencer marketing, digital PR – che devi dosare e definire. Tutto in base a quelle che sono le caratteristiche del progetto. Senza dimenticare, ovviamente, la SEO. Sei d’accordo?

martedì 18 ottobre 2016

Il primo indice di Google sarà quello Mobile!

Fonte articolo: http://blog.tagliaerbe.com/2016/10/google-indice-mobile.html

Il 13 Ottobre 2016, Gary Illyes ha annunciato al Pubcon che Google sta passando ad un“mobile first index”. Il che dovrebbe significare che fra i 2 differenti indici di Google, quello mobile e quello desktop, il motore renderà principale il primo (a discapito del secondo).
Jennifer Slegg, presente all’evento, ha raccolto in questo post un po’ di dichiarazioni (e sue elucubrazioni): te le riprongo qui sotto (con alcune mie “aggiuntine”).

PERCHÉ GOOGLE RENDERÀ PRINCIPALE L’INDICE MOBILE?

Gary Illyes ha preannunciato la cosa a Marzo del 2015, in pratica negli stessi giorni in cui il Mobile-Friendly è diventato ufficialmente un fattore di posizionamento.
Un anno e mezzo dopo, è arrivata una nuova dichiarazione di Illyes:
Passaggio dall'indice desktop di Google e quello mobile
Ora che le ricerche via mobile hanno superato stabilmente quelle via desktop, la mossa non ci dovrebbe stupire più di tanto: guarda anche agli sforzi di Google per promuovere AMP, annunciato ad Ottobre del 2015 e del quale se ne continua a parlare quest’anno.

RIPENSA LE TUE PAGINE MOBILE

Molti webmaster creano una “versione alleggerita” per il mobile delle pagine dei loro siti.
Ma se l’indice mobile di Google diverrà dominante, ecco che se le pagine in questione hanno meno contenuto rispetto a quelle desktop potrebbero (per esempio) perdere traffico per alcune parole chiave, magari perché sulla pagina mobile è stato eliminato del testo che Google ritiene in qualche modo rilevante.
Ripensa alle tue pagine web
Se sei fra quelli che servono una versione mobile del sito profondamente diversa di quella desktop, è il momento di valutarne le implicazioni.

E I SITI CHE PRESENTANO CONTENUTI IDENTICI PER DESKTOP E MOBILE?

Per i siti e i blog che utilizzando temi responsive – come il TagliaBlog) – e quindi presentano lo stesso contenuto identico a tutti i visitatori, non dovrebbe cambiare nulla.

CONTROLLA LE TUE PAGINE (DESKTOP E MOBILE)

Se avessi qualche dubbio su come Google “vede” le tue pagine, puoi andare nella Search Console, sotto Scansione -> Visualizza come Google, e quindi inserisci l’URL delle pagine che vuoi verificare nel form.
Visualizza come Google in Search Console
In questo modo puoi testare le eventuali differenze di visualizzazione, da parte del bot di Google, delle tue pagine desktop e mobile.

OCCHIO AI DATI STRUTTURATI

Molti webmaster eliminano i dati strutturati dalla versione mobile delle loro pagine, per renderle più leggere. Se sei fra quelli, forse ora è il caso di rimetterli.
Rimetti i dati strutturati nelle pagine mobile!

CHE FINE FARÀ L’INDICE DESKTOP?

L’indice desktop esisterà ancora, ma Illyes ha sottolineato che questo indice non sarà “fresco” come quello mobile: in pratica Google non eliminerà l’indice deskop, ma probabilmente lo aggiornerà con una minor frequenza.
Aggiornamenti dell'indice desktop

QUANDO CI SARÀ IL PASSAGGIO UFFICIALE DA INDICE DESKTOP A INDICE MOBILE?

Illyes ha detto che non è ancora stata fissata la data precisa dello switch: aspettiamoci comunque a breve un post ufficiale sul blog di Google, con tutti i dettagli del caso.